Giovanni Pascoli (nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855 e morto a Bologna il 6 aprile 1912) scrisse probabilmente la poesia “Il lampo” intorno al 1891 o poco prima; tale poesia sarà poi pubblicata sempre nel 1891, in un volume di poesie intitolato “Myricae”.
Testo della poesia
“Il lampo”
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.
Schema metrico
“Il lampo” presenta una metrica di due strofe e uno schema di rime libere del tipo ABCBCCA.
Commento
“Il lampo” parla della realtà fuori dal poeta, vista dagli occhi del poeta più interiori: il cielo e la terra si “mostrano” per quello che sono, ovvero non come normalmente vengono percepiti ma per il loro aspetto reale “nascosto”, e questo viene fuori non con il tempo normale ma con il temporale ed il lampo, che pure non è mai peraltro citato all’interno della poesia, se non in maniera indiretta.
La realtà interiore viene mostrata da Pascoli subito nei versi successivi della poesia, con una serie di aggettivi, riferiti ad indicare al lettore le “emozioni” della terra e del cielo, in sintonia, in un’atmosfera diversa dal solito, che ci conduce a una lettura della realtà più profonda e non visibile, colta dal poeta.
La terra “ansante” (affannata, che ansima), è “livida” (ha sentito un colpo forse, il colpo del lampo), è “in sussulto” (in movimento, si scuote, magari guizza dopo la scossa, magari sobbalza).
Il cielo all’unisono si presenta “ingombro” (riempito, magari da nuovole, ad ogni modo non sereno, non limpido), “tragico” (non è un cielo che trasmette allegria, forse può trasmettere un senso di sublime ma non felicità), “disfatto” (in disordine, in preda al caos).
I primi due versi sono la descrizione, il ritratto, del momento appena prima della visione del lampo.
Ecco che abbiamo poi la ripetizione di un colore, attribuito ad un femminile: “bianca, bianca”… forse si intende la luce del lampo? La ripetizione consente di visualizzare nella propria mente il lampo due volte in pochissimi istanti di tempo, simulando nell’immaginazione del lettore la visione vera e propria del lampo, una visione incredibilmente reale data da sole due parole: è la capacità di Pascoli nel mostrare immagini nella nostra mente con parole ed emozioni che raggiunge il culmine visivo in questo verso.
Il bianco è un colore “calmo”, che “pulisce” le emozioni, che mette in pausa. Eppure dopo il bianco del lampo di solito segue a poca distanza di tempo un tuono, ma fra il lampo ed il rumore c’è un intervallo: un intervallo di silenzio, un periodo “tacito”, a cui segue lo scossone del rumore del tuono, il “tumulto”.
La visione diventa sempre più reale nella lettura, il bianco continua a susseguirsi pur senza necessità di ripetere l’aggettivo, quanto piuttosto descrivendone gli effetti: una casa, magari in vista del poeta, appare e scompare, tutto in un attimo.
L’immagine della casa che appare e scompare viene nuovamente richiamata da una similitudine, che porta il lettore ad una riflessione interiore, o almeno ad una meditazione, un’epifania interiore che spezza il chiasso e le luci del lampo: la casa appare e scompare similmente a un occhio che largo, stupito, si apre e chiude, nella notte “nera”.
Il lampo ci permette di “vedere” di tornare a scorgere la luce accecante che d’altronde richiama anche al momento della nascita e della prima apertura degli occhi alla luce aperta: si tratta di un’attimo di visione pura, di capacità visiva della realtà, forse non comprensibile pienamente ma sicuramente vista a pieno raggio di luce, della notte, che è “nera” e quindi sconosciuta, misteriosa, non visibile, non scrutabile, inconoscibile richiamo all’inconscio
“Il lampo” di Pascoli è una poesia impressionista?
“Il lampo” di Pascoli è una poesia dai tratti tipici dell’espressionismo. Rimane curioso come sia solito usato questo termine in riferimento ai soli quadri e pittori, ignorando che l’impressionismo è un movimento che ha coinvolto anche la letteratura.
In un certo senso, dopotutto, “il lampo” di Pascoli è quasi una poesia-dipinto, come si potrebbe arrivare ad intuire dalla lettura del commento alla poesia. Le immagini durante la lettura sono sfuggenti, quasi delle impressioni, e scorrono velocemente, in una catena di movimento studiata per allontanare il lettore e portarlo all’analisi della realtà più inconscia, più introspettiva.
Alcuni affermano che nelle poesie impressioniste sia possibile cogliere il suono, che scroscia nella mente come un richiamo riflessivo automatico del pensiero.
D’altronde, la natura, il suo senso di oscurità, celato agli occhi durante il bel tempo e le piacevoli giornate di piogge, richiamano ad emozioni e sensazioni primordiali, eppure vissute, magari pure in sordina, senza una sentita coscienza del vissuto, ma presenti e forti all’interno di ogni essere umano.
“Il lampo” è contenuto nella raccolta di poesie “Myricae” di Pascoli
“Myricae” è una raccolta di poesie scritta da Giovanni Pascoli, la cui prima edizione risale al 1891 e la seconda al 1903, ben 12 anni dopo l’originale; il nome della raccolta deriva dalla Bucolica numero 4 di Virgilio, nello specifico dalla frase latina “(Non omnes) arbusta iuvant humilesque Myricae” la cui traduzone in italiano è “(Non a tutti) piacciono gli arbusti e le modeste tamerici”.
Le poesie contenute nelle Myricae sono poesie liriche di tipo classico; i temi delle Myticae sono il discorso fra l’io del poeta e quel che ne è fuori, la morte ed il ricordo, la sofferenza, l’impressionismo pascoliano, il frammentismo, la vita.
Commento e spiegazione di Infonotizia.it
Approfondimenti consigliati:
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