Statua

Secondo quanto riportato all’interno dell’articolo 2600 del codice civile si ha che:

 “Se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o con colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni. In tale ipotesi può essere ordinata la pubblicazione della sentenza. Accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume.”

Si ricorre quindi al giudice, la sentenza consiste nell’ambizione alla prosecuzione dell’attività qualificata come concorrenza sleale, quindi tale attività viene vietata, e il giudice predispone opportuni provvedimenti affinchè gli effetti di tale condotta vengano eliminati.
La sanzione, che consiste nell’ambizione dell’attività qualificata come concorrenza sleale, opera a prescindere dallo stato soggettivo di chi ha compiuto atti di concorrenza sleale che deve dimostrare di aver agito senza colpa. Chi ricorre deve eventualmente dimostrare il dolo.

Utile è ricordare a questo punto la differenza fra colpa e dolo.

La colpa sussiste quando l’autore del fatto, pur agendo con volontà, non ha in alcun modo preso coscienza delle conseguenze della sua azione e, allo stesso tempo, l’evento pregiudizievole si verifica a causa della negligenza o imprudenza o imperizia dell’agente stesso, ovvero a causa della sua inosservanza di ordini, nonché di leggi o anche di regolamenti.

Abbiamo invece il dolo quando colui il quale risulti autore del fatto si ponga ad agire in maniera tale da risultare cosciente delle proprie azioni e delle relative conseguenze derivanti anche dall’eventuale non agire.

Parliamo di azioni volte a reprimere le condotte di concorrenza sleale quando si tratti di azioni che pregiudichino gli interessi di una categoria professionale, possono essere esercitate anche dalle associazioni di tali categorie professionali, e dagli enti che rappresentano la categoria.