Nella stanza del padre
Quando ero fanciullo, ricordo con mestizia
la stanza or silente , di te padre.
Correvo li, vedevo il letto ancor disfatto
e l’aroma del tuo corpo era intriso
nelle coperte nel guanciale il segno dell’argentea chioma.
Toccando il viso, baciando le guance
il tocco del ruvido pel.
Era maggio le finestre un poco aperte,
recavano aromi del nostro orto
del gran ciliegio, del pesco in fior.
Eos dalle dita rosee ridestava, il giorno
ed una morbida chiara luce filtrava
il tendame che si muoveva come onde
del mar alla carezza di libeccio
ti osservavo estasiato
io così piccol al tuo confronto!
Mi piaceva guardarti indossar
i severi abiti, in cui io mi perdevo.
Era il tempo più gaio e sereno
quello in cui non si conosce veleno,
né inver quanto è crudel
madre natura, se disgiunge
le creature che ciascun
l’altra han cura.
Veniva l’estate calda,
assolata, sotto ombra del nostro mar
che urlando e spumeggiando rinfrancava
agosto.
Di poi l’autunno, dalle foglie morte,
profumato di vino
ò’inverno dal candido manto
vedevo la neve dalla tua finestra.
Or e tutto muto, silente, freddo.
ove sei antico perduto tempo?
Eppur lì giace il tuo letto,
il vestiario è consunto
la camera si inonda ancor!
Ma io non son più pargol
non corro più a piè nudo
non sogno come allor,
mi volto e v’è solo
il tuo ricordo,
perché tu sei chiuso nel bianco marmo
nella città di coloro che dal sonno
non hanno più a destar,
né il giorno li riscalda ancor.
Note dell’autore riguardanti la poesia
Anni di ricordi e di rimpianti
ricordi che si inseguono nella memoria
rimpianto per il tempo perduto
e te che non ci sei piu
ma la tua stanza mi ricorda…