LA PIUMA DEL MARTIN PESCATORE

Graziella Ardizzone, Baima-Ronchetti &C., 2016, pagg. 328

Definirei il romanzo appartenente a una duplice categoria: storico e, al tempo stesso, di formazione. La prima caratteristica si riferisce al contesto che abbraccia l’Italia, o meglio la regione piemontese, dallo scoppio del 2° conflitto mondiale (1939) , alla conclusione della guerra, con l’apporto innegabile fornito alla vittoria e alla caduta del fascismo della lotta partigiana e oltre, fino agli anni della timida rinascita e del miracolo economico (1953/55). La seconda riguarda il “nucleo” della storia che verte intorno alla protagonista, Malvina, ultimogenita di altre tre sorelle, Rosetta, Miranda e Marta, la quale ci racconta, sotto forma diaristica, le proprie tappe evolutive. L’infanzia (ha infatti cinque anni appena compiuti all’inizio del racconto), l’adolescenza, contrassegnata da turbamenti caratteriali e amorosi, fino all’età adulta ed alla “consapevolezza” della sua abilità come scrittrice. Malvina vive in campagna, nella Cassine Martinet, a un quarto d’ora da Bollengo, paese situato in provincia di Aosta. È orfana di padre, morto giovane a causa della silicosi, contratta sul luogo di lavoro. I suoi genitori sono originari del Veneto. La madre, dopo la morte del marito, si trasferisce nel paesino valdostano e, per accudire le proprie figlie è disposta a fare i lavori più umili, dallo spalare il letame, al vendere la legna cercata nel bosco, al compiere servizi di pulizia presso famiglie benestanti. Malvina tratteggia di se stessa, della madre, delle sorelle, del vicinato e delle amiche di scuola un ritratto fugace, appena accennato che tuttavia consente al lettore di immedesimarsi immediatamente nella storia e nelle sensazioni vissute da ciascun personaggio. La protagonista è una bimba minuta, sempre infreddolita e affamata, che gode del tepore di una tazza di caldo latte fumante e un po’ di castagne bollite… quando la tavola lo consente. La mamma è una donna snella, dai bei lineamenti, ma infagottata in indumenti extra misura, donati dal parroco del paese, onesta, sia quando rifiuta le “avances” del bracciante Tony, sia quando non accetta la “meravigliosa Singer”, la macchina da cucire donatale dal Duce, pur di mantenere fede all’ideale socialista del proprio consorte defunto. È una mamma che vuole bene alle proprie figlie, ma vivendo di fatica e privazioni quotidiane non sa dare tenerezza, Rosetta, la sorella maggiore di Malvina, infatti, a soli tredici anni verrà mandata a servizio da una ricca famiglia, mentre Marta, intelligente e riflessiva, nonostante i consigli dell’insegnante che la esorta a proseguire gli studi, subirà la stessa sorte ed, in seguito, lavorerà in fabbrica. Miranda diventerà anch’essa “servenda” e avrà l’opportunità di conoscere i gemelli Andrea e Silvano Romero, amici della famiglia presso la quale presta servizio, suoi coetanei, geometri e, in seguito, capi brigata partigiana. “Dove c’è miseria bisogna mettere insieme il pranzo con la cena e meno bocche ci sono da sfamare, meglio é… per non parlare dell’illuminazione domestica ottenuta con le candele e del riscaldamento che può offrire una stufa di ghisa… solo se c’è legna!!!!”. Malvina, curiosa e con la passione della scrittura, inizia a tenere un diario su cui scrive di notte, quando nessuno la osserva e la può rimproverare per il suo hobby, considerato una perdita di tempo prezioso sottratto al lavoro. In queste pagine descrive tutte le proprie sensazioni, da quelle piacevoli come l’appagamento della gola quando è invitata alla cascina per la macellazione del maiale, alla ripugnanza provata alla vista di un’anziana vicina morta, alla paura di fronte all’imponenza dei gerarchi fascisti, alla gioia manifestata alla fine della guerra e all’avvento della Liberazione, con le “sfilate” eroiche dei partigiani. A scuola Malvina conosce Cleo, bimba dolce ed equilibrata appartenente ad una famiglia agiata che diventa l’amica del cuore e la compagna di banco, dalla quale purtroppo si deve separare a conclusione del ciclo elementare. Come già sottolineato Malvina ama scrivere, è una divoratrice di romanzi classici presi in prestito da amiche benestanti, eppure a causa delle sue precarie condizioni economiche non potrà proseguire gli studi. Ma il destino ha in serbo per lei l’occasione insperata che darà una svolta alla sua misera vita. A soli dodici anni le viene prospettata la possibilità di trasferirsi a Torino. Vivrà presso le “tote Falletti”, sarte esperte, titolari di un atelièr prestigioso prima della guerra, che sta lentamente riprendendo slancio dopo i bombardamenti del conflitto. Viene assunta come lavorante e, al tempo stesso, deve curare le pulizie dell’appartamento dove vivono le due sorelle. Malvina è “rapita” dalla città: corso Vittorio Emanuele, i portici di piazza Carlo Felice, via Roma, le vetrine dei negozi non possono essere neppur lontanamente paragonati alla semplicità e alla frugalità della campagna!!! Piano, piano imparerà a superare la propria timidezza e diffidenza. Si affezionerà a tota Adriana sempre un po’ altera e a tota Ghitin (Margherita) che, oltre ad insegnarle il mestiere, impareranno ad amarla come una figlia, instaurerà un rapporto di amicizia e stima con madama Imelda, famoso soprano torinese che la inviterà spesso ai suoi grandi concerti nei più prestigiosi teatri europei ed americani. Ma vi chiederete? Quale nesso ha la storia di Malvina con il titolo del romanzo? Dovete sapere che la nostra protagonista conservava all’interno del suo diario la piuma azzurra di un piccolo uccellino, il martin pescatore. Quando Miranda si fidanzerà con Andrea Romero, Malvina alla festa conoscerà il gemello Silvano che, con i suoi capelli rosso fuoco e i meravigliosi occhi azzurri le farà battere il cuore e provare le prime vere emozioni. Per sapere se è corrisposta nei suoi sentimenti, Malvina decide di inviare a Silvano, residente ad Ivrea, la piuma azzurra del martin pescatore, contraffacendo la scrittura nel timore di essere scoperta, ma con la gioia di pensare che il giovane avrebbe potuto tenere la piuma per qualche istante fra le dita, “un ponticello di goccioline iridate teso fra lui e me” (sono le precise parole proferite da Malvina) e sarebbe potuto risalire al mittente osservando il timbro postale di Torino. Con sua enorme sorpresa Malvina riceve una busta con un foglio bianco piegato e nel bel mezzo… la piuma verde di un picchio. E qui arriviamo all’epilogo. Malvina, ormai diciannovenne, sposa il suo amato Silvano e, dopo due anni, il matrimonio verrà coronato dalla nascita di Carla, “bianca e rosa come una pesca di vigna”. Il cognato Andrea, marito di Miranda che aveva “rubato” a Malvina il suo diario, fa leggere ad un amico, proprietario di una piccola casa editrice di Bollengo, gli appunti. Quest’ultimo ne rimane entusiasta e decide di pubblicare quel primo libro che, limato e corretto, ha dato vita al romanzo. Che dire per concludere? È un’opera piacevole, che si legge tutta d’un fiato, che rende tangibile ad un giovane la precarietà, la miseria e le privazioni della guerra, ma fa assaporare altresì i valori dei vincoli familiari, la solidità delle amicizie, l’importanza dei sentimenti e degli affetti. Un discorso a parte merita il lessico del romanzo, appropriato, elegante, ma mai forbito, grazie soprattutto all’inserimento di espressioni dialettali quali “Cerea totin”, oppure “L’a-j porta en cichetin”, che ci introducono nel contesto della pulsante vita del capoluogo piemontese e ci restituiscono un linguaggio colloquiale in una narrazione scorrevole, quasi scritta “di getto”.

Tiziana Besio