Ho appena ritrovato quella che potrebbe essere la migliore poesia d’amore di Saffo, la famosa poetessa greca di Ereso.
Testo originale della poesia di Saffo (frammento numero 31):
ἔμμεν’ ὤνηρ ὄττις ἐνάντιός τοι
ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί-
σας ὐπακούει,καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ’ ἦ μὰν
καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν.
ὠς γὰρ ἔς σ’ ἴδω βρόχε’ ὤς με φώναι-
σ’ οὐδ’ ἒν ἔτ’ εἴκει,ἀλλὰ κὰμ μὲν γλῶσσα ἔαγε, λέπτον
δ’ αὔτικα χρῷ πῦρ ὐπαδεδρόμηκεν,
ὀππάτεσσι δ’ οὐδ’ ἒν ὄρημμ’, ἐπιρρόμ-
βεισι δ’ ἄκουαι:ἔκ δέ μ’ ἴδρως κακχέεται, τρόμος δὲ
παῖσαν ἄγρει, χλωροτέρα δὲ ποίας
ἔμμι, τεθνάκην δ’ ὀλίγω ‘πιδεύης
φαίνομ’ ἔμ’ αὔτᾳ.
Traduzione di Giovanni Pascoli:
A me pare simile a Dio quell’uomo,
quale e’ sia, che in faccia ti siede, e fiso
tutto in te, da presso t’ascolta,
dolcemente parlare,
e d’amore ridere un riso, e questo
fa tremare a me dentro al petto il core;
ch’ai vederti subito a me di voce
filo non viene,
e la lingua mi s’è spezzata, un fuoco
per la pelle via ch’è sottile è corso,
già non hanno vista più gli occhi, romba
fanno gli orecchi
e il sudore sgocciola, e tutta sono
da temore presa, e più verde sono
d’erba, e poco già dal morir lontana,
simile a folle.
Traduzione di Paolo Costa (Ravenna, 13 giugno 1771 – Bologna, 20 dicembre 1836):
Gli dei per fermo agguaglia, anzi si gode
Gaudio più che divin quei che sedente
Al tuo cospetto te rimira ed ode
Dolce ridente.
Che se l’alta ventura unqua mi tocca
D’esserti appresso, o mio soave amore,
Non io ti guardo ancor, che sulla bocca
La voce muore.
Fassi inerte la lingua, il pensier tardo,
Un sottil fuoco va di vena in vena,
Fischian gli orecchi, mi s’appanna il guardo
E veggo appena.
Un gelido sudor tutta m’inonda,
Mi trema il cor, rabbrivida ogni membro,
Mancami il fiato, e pallida qual fronda,
Morta rassembro.
Traduzione del 1821 di Ugo Foscolo:
Quei parmi in cielo fra gli Dei, se accanto
Ti siede, e vede il tuo bel riso, e sente
I dolci detti e l’amoroso canto! –
A me repente
Con più tumulto il core urta nel petto:
More la voce, mentre ch’io ti miro,
Sulla mia lingua: nelle fauci stretto
Geme il sospiro.
Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo:
Un indistinto tintinnio m’ingombra
Gli orecchi, e sogno: mi s’innalza al guardo
Torbida l’ombra.
E tutta molle d’un sudor di gelo,
E smorta i viso come erba che langue,
Tremo e fremo di brividi, ed anelo
Tacita, esangue.
Traduzione di Giovanni Andrea dell’Anguillara, 1572:
Parmi quell’huomo eguale essere à i Dei,
qual diritto à te siede,
E dolce ragionar ti sente, e vede
Rider soavemente.
Questo à me il cor nel petto batte, e fiede:
Perché mentre mi sei
Opposta, si che con questi occhi miei
Ti vegga immantinete,
Non ho à voce formar virtù possente;
Ma impedita la lingua muta viene,
E sottil fuoco presto
Passami per le vene.
Perdon l’ufficio gli occhi di mirare,
L’orecchie d’ascoltare.
Gelo è il sudor, tutta tremante resto.
Più c’herba secca di pallor dipinta,
Priva di spirto, assembro quasi estinta.
Saffo (in greco antico: Σαπφώ, Sapphó; Ereso, 630 a.C. circa – Leucade, 570 a.C. circa)
(Altre poesie e frasi di Saffo qui)