Albero al tramonto a Cagliari

Testo della versione di Ovidio:

De Anna Perenna haec fabula narratur. Arserat miserabilis Dido Aeneae amore et ipsa sua manu se occidit. Protinus Iarba regnum invadit et potitur regia, cupidus iniuriam ulciscendi. Diffugiunt Tyrii; Anna, Didonis soror, lacrimans Carthaginem relinquit respiciens moenia, sororis opus. Inde collectis comitibus, ratem undis ventoque committit. Dum illa in alto navigat, inducta spe novae patriae inveniendae, navis a Noto percussa est: se attollunt fluctus, ab imo gurgite mare vertitur. Iactata exul Phoenissa per vastas undas, appellit tandem ad litus Laurens ubi Aeneas cum Lavinia uxore regnat. Lavinia autem, cui rex hospitem curandam tradiderat, invidia fremens tacita insidias in infelicem Annam parat. Sed nocte tristis Didonis imago ante torum apparuit, implorans sororem ut sine mora salutem peteret fuga. Fama est ut flumen Numicus feminam tumidis undis rapuerit atque occuluerit stagnis suis, ipso loco ubi nunc Romana plebs laete vescitur celebratque largo mero illum diem.

Traduzione della versione:

Narriamo la leggenda di Anna Perenna. L’infelice Didone era arsa per l’amore di Enea e per sua mano lei stessa si uccise. Immediatamente Iarpa invade il regno e si impadronisce della reggia, desideroso di vendicarsi dell’offesa.
Anna, sorella di didone, fuggì a Tiro, lasciando Cartagine in lacrime guardando le mura, opera di sua sorella.
Poi, raccolti dei compagni, affida la barca alle onde e al vento. Mentre lei naviga in alto mare, spinta dalla speranza di trovare una nuova patria, l’imbarcazione viene investita dal vento Noto, si sollevano i flutti, il mare ribolle con gorghi profondi. L’esule fenica sbatte contro le grandissime onde, alla fine approda alla spiaggia di Laurento dove regna Enea con la moglie Lavinia. Però Lavinia, alla quale il re aveva affidato l’ospite perchè se ne prendesse cura, prepara in silenzio un agguato contro l’infelice Anna. Ma la notte il fantasma dell’infelice Didone apparve davanti al letto, implorando la sorella di mettersi in salvo senza indugio con la fuga. È tradizione che il fiume Numico rapì la donna con le sue gonfie onde e la occultò nelle sue acque, proprio in quel luogo dove ora il popolo romano viene a mangiare in allegria e celebra quel giorno con abbondante vino schietto.


Autore: Publio Ovidio Nasone


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