Castello

Italo Calvino – Incrociando i destini del reale e dell’immaginario

Italo Calvino pubblica Il Castello dei Destini Incrociati nel 1969, come parte del volume Tarocchi – Il mazzo visconteo di Bergamo e New York; ripubblicato poi in un volume monografico, con l’aggiunta di un secondo scritto dal titolo La Taverna dei Destini Incrociati, nel 1973 dall’editore Einaudi. Sedici racconti, di cui otto narrati dai commensali di un castello, nella prima parte, e altri otto dai visitatori di una taverna, nella seconda. Un’insieme di storie basate sulla disposizione casuale, o almeno così all’apparenza, dei tarocchi, grazie ai quali le vicende di diversi personaggi, in un mondo immaginario e fantastico, hanno luogo e si intrecciano.

Trama del libro “Il castello dei destini incrociati”

Il romanzo inizia presentando il narratore, alterego dello stesso Calvino, in una foresta incantata, di un mondo e un tempo imprecisati, in cui si trova un castello verso cui egli s’incammina, per trovare ristoro. È all’interno del castello che il narratore viene catapultato in una dimensione sospesa nello spazio, nella quale perde l’uso della parola. Ed è qui che attraverso i tarocchi i commensali al banchetto cominciano a turno a raccontare le loro storie.

Tramite le carte, infatti, prendono vita racconti dall’intreccio fantastico ma che nascondono, sotto la superficie apparentemente favolistica, un legame con la realtà narrativa: questi incarnano la vita degli stessi commensali narratori. Si dispiegano dunque sul tavolo le vicende di grandi re, eroi e cavalieri.

Nella seconda parte, il narratore/Calvino, si ritrova in una taverna, un luogo più frugale rispetto allo sfarzoso banchetto al castello; e anche qui prende vita la meta-narrazione delle vite di grandi personaggi, che incarnano virtù e vizi, caratteri e personalità, degli stessi commensali, e con loro di tutti gli esseri umani. Si danno via a intere saghe, a cui prendono parte Elena di Troia, Edipo, Orlando furioso e Astolfo, per poi chiamare in causa alla fine persino Amleto, Macbeth e Re Lear.

L’opera si presenta, dunque, come una specie di epica dell’immaginario, in cui in maniera quasi surreale, immerse in un mondo favolistico, le vite dei protagonisti delle storie narrate si amalgamano e si confondono con i sogni dei commensali; e ciò che all’apparenza si mostra come un enorme nonsense letterario, diventa al contrario un calderone di ingredienti, che riflettono, a mio parere, alcuni desideri nascosti nell’animo umano: voglia di superare la dimensione umana, in quanto esseri di carne e sangue, comuni mortali impotenti di fronte alle avversità e ai pericoli, per diventare entità diverse; voglia di cambiare le proprie vite, come accade nei racconti, o nella lettura dei tarocchi, al cui significato letterale va accompagnata un’interpretazione, la quale trascende la superficialità della comprensione letterale, ed entra in una dimensione parallela, ma allo stesso tempo alternativa, dove solo la mente, tramite l’immaginazione, riesce ad attribuire loro un senso, e far assumere così alle proprie esistenze quello stesso senso, così lontano dalla realtà in cui si vive, ma nella quale le conseguenze delle azioni fantastiche compiute dall’ego immaginario si riversano.

In questo testo il lettore si trova di fronte a storie che possono essere lette letteralmente, e apprezzate, per tanto, come semplici narrazioni e frutto di una spigliata, quanto colta, creatività; oppure possono essere viste come una diversa lettura delle vite, tanto di coloro presenti al banchetto e nella taverna quanto degli stessi lettori.

Leggere in fondo significa immergersi in un mondo alternativo, una dimensione che, realistica o meno, risulta parallela alla realtà ma anche diversa, in cui noi esistiamo ma allo stesso tempo non siamo noi stessi; un mondo in cui possiamo riconoscerci in ciò che si allontana da noi, e possiamo agire e compiere l’impossibile, essere immuni al trascorrere del tempo, rimanere immortali nella storia, incrociare i destini di grandi e valorosi uomini del passato, presente, e futuro.


Autore della recensione: Elio90