Alla fine della terza guerra punica, Roma non è più una città arcaica, provinciale, ma si pone a capo di un impero di cui sarà guida per secoli. Nasceva per questo motivo il problema su come amministrare questi territori. Inoltre non si poteva pensare di minacciarli sempre con le armi. Occorreva che la mentalità romana si sprovinciasse e che non fosse chiusa al Lazio ma aperta a tutto L’impero. Dovevano aprirsi, acquisire una nuova mentalità e impadronirsi del patrimonio della civiltà greca.
Il conflitto nasceva all’interno di una stessa classe sociale, poichè per la prima volta gli aristocratici si dividono.
Vi erano i nobili tradizionalisti, campeggiati da Catone, dall’altra le più nobili famiglie, il cui più importante fu quello degli Scipioni, fondata da Scipione l’africano, Lucio Paolo e Scipione l’emiliano.
Il timore di Catone il censore era che i romani non dessero più la giusta importanza al costume degli antenati, rigoroso, severo, poco propenso al lusso, all’agitezza della vita che educava i giovani alla forza fisica, morle, all’inserimento in un gruppo nel quale si primeggiava per gli atteggiamenti eroici.
Per Catone si trattava dei valori dell’obbedienza, moralità, senso del dovere così da formare un cittadino poco propenso alle arti e quindi alla cultura greca, che catone riteneva potesse corrompere i giovani.
Il filo-ellenistici invece erano convinti che la cultura romana dovesse diventare più moderna; erano affascinati dalla scultura e pittura, erano sconvolti dalla scienza, dalla tecnica e specie dalla filosofia.
Con la venuta a Roma degli insegnanti, dei filosofi greci, si andava diffondendo la cultura greca a Roma, in particolare affascinarono i giovani, sconvolti dalla loro didattica.
Degno di nota è, fra i tanti, l’opera del filosofo Panezio, nato a Rodi,che scrisse un’opera dedicata al dovere; egli inoltre espose l’ideale stoico della repubblica universale fondata sul riconoscimento dell’uguaglianza fra gli uomini.
Secondo Panezio ognuno deve realizzare in sè il proprio impegno morale. Quando Panezio diffonde quest’idea nasce il concetto della umanità romana che può essere semplificato con un verso del commediografo Terenzio: “Sono un uomo e credo che nulla di ciò che riguardi gli altri uomini mi sia estraneo”. L’espressione contrasta con quella di Plauto: “L’uomo è un lupo per gli altri uomini”. Fra i doveri che Panezio ritiene inerenti alla natura romana non manca quello per l’individualità attraverso le attività più consone al carattere di ogni uomo; tra queste Panezio include le attività culturali.
Furono due quindi le conseguenze degli ideali del circolo ellenistico:
1) Dare un fondamento più solido all’imperialismo romano indirizzando gli uomini alla cura del bene della società.
2) Distinguere l’individuo comune dalle preoccupazioni pubbliche facendogli intravedere la gioia dello spirito e della cultura.
Autrice dell’articolo: Antonella Dedato