Pirandello pensiero

Pirandello reputava l’uomo come un essere vivente immerso all’interno di un universo senza senso; proprio per la mancanza di questo senso, secondo Pirandello l’uomo tende a generare modelli illusori e ingannevoli riguardanti il significato del proprio essere.

L’umorismo pirandelliano esiste con lo scopo di evidenziare e rivelare quest’incoerenza dell’uomo.

Il fatto che l’uomo non abbia un ruolo predominante nell’universo, Copernico e il fatto che la terra in sé all’interno dell’universo sia null’altro che una minima entità di poca rilevanza hanno rimosso l’antropocentrismo tolemaico, arrivando alla percezione della realtà per quella che relamente sia e la conseguente relatività della fede in sé.

Viene quindi contestato il positivismo e allo stesso tempo ripudiato il romanticismo: prende piede invece il relativismo filosofico e la fede nella verità oggettiva.

Pirandello, forte delle teorie psicologiche di Alfred Binet, svela che nel corso della propria vita la personalità di ognuno muta e per questo si arriva ad avere personalità diverse fra loro, arrivando a costituire il soggetto come incapace di conoscere perché formato non più solo da sé ma piuttosto da più contraddizioni e scissioni, diverse e distinte personalità.

Ognuno di noi è pertanto non è uno ma piuttosto “nessuno e centomila” insieme: questo ci viene testimoniato anche dall’insieme dei ricordi, che di per sé sono forti di una relatà propria, e spariscono o ritornano a seconda del nostro complesso stato emotivo.

Le nostre personalità quindi per Pirandello si accendono, muoiono, tacciono silenziose, si riappropiano della vita rinascendo, riemergendo o attendendo: si parla quindi di individuo come tale che sia non capace di prendere decisioni in maniera cosciente.


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