Il pastorello
Ti lodo pio pastorello tu che all’alba ti levi,
al primo canto coi timidi lumi che squarciano le nere tende della notte.
E con amor per la natura ti rechi
dai sopiti animali per ricominciare
il novo giorno.
Uno scampanio d’intorno si leva
che si confonde tra un muggir e un belar,
con il latrato potente dei cani che guardiani, son il fianco del gregge.
Armati di bastone e cappello in bisaccia metti formaggio con rozzo pane .
Ti incammini per valli, colli aperti
sconfinati in un verde fiumar.
Oh tu che vai per campi, sentieri
al sol cocente del giorno coi tuoi armenti
respiri della natura il suo profumo,
il suo vigore.
All’ombra d’alte querce secolari riposa
il pastorello, dolce è sentir come zufola con il suo flauto menando il giorno.
Tra l’erba fresca che la rugida ha fugato
mira l’infinito ciel i suoi giochi di nuvole
ed i venti carezzano d’intorno spandendo lontano il bel sogno.
Ubbidienti al son della tua voce
stanno a capo basso al voler del comando.
Così di canto in canto si tronca il meriggio
e dal fumoso monte già sale la rossa
falce del sol morente che spande
dilaga l’ombra sua come sangue,
ed i raggi smorti son le vene del crepuscolo tempo.
Allor si ritira stanco ma gaio,
al capofila i suoi segugi
che annusamo l’aere più fresca,
rientrano all’ovile,
cala la sera sui campi sulle chiome
dei fieri pini.
Un malinconico silenzio,
il ricordo di chi all’opra intento
fu la voce, or dal sonno coverto
che placa ogni intento,
riposa al crepitio del foco.
Luna, lucente e bella, d’argento sii sentinella
del giovinetto!
Ma quando saran le lampe diverte
e salirà in su la fiamma d’oro
sarà allor un nuovo venir.
Autore della poesia: Corrado cioci