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Cielo di roma

La candida cupola si staglia nel ciel nell’ora del
tramonto si confonde con il rossastro sol
che allunga i suoi lamenti dal qurinale al campidoglio.
Nell’aula stanca di Roma antica si ammazza di pennello Michelangelo maestro
cerca Dio con amor ma trionfano i suoi
pensier con l’arte di immortal gloria.
Riluce l’urbe, di fama, di lode,
perso nel vento il tuo nome,
figlia gloriosa di troia in fiamme.
Nel petto l’orgoglio
che Ulisse perdesse l’onor,
quinci al platino.
Infisse la spe del nuovo seme.
L’invitto impero ancor risuona
oltre il Tevere infino al Reno,
regio dominio, eterno, fiero.
La lupa a maggior consiglio
allattò i due fratelli,
già sa che sarà grande il passo terreno.
Un pianto ristagna nei cuori, nei petti
come foglie d’autunno che non soffrono vento.
Quando dal giogo dei porporati, i romani
troncaron le catene e liberi i polsi,
al ciel risorto il novo spirito,
del quarantotto, ancor repubblica
prima che regno fulgido splendor
di libertà, che il Francese
Irato divorò per lo sdegnoso papato.
Il buon Camillo a veder il ciel di Roma su tutti,
per amor di patria e spirito libero!
Luna, argentea luna che ti specchi
nel livido volto Tiberino,
nel cor ti punga l’amor di tener
La dominante rocca,
culla di imperator di Papi
poeti togati.
Roma, Roma odiata e amata,
ambita or dominata odorosa di glicine.
In primavera, di gelsomino, lavanda
sudario di Pietro in croce,
verso, in Cristo riverente
hai un patto, tra cielo, Terra e l’infinito.


Autore della poesia: Corrado cioci