Anni ’40
Il tempo antico, ove da lungi lo miro
che fe corpo e mente della gente, anziché
i fossi im grembo, sussurra i suoi
ricordi.
Del grammofono, un suono si leva dischi
antichi, dalla rigata pelle
che tanto facean sognar nei giorni
felici.
Di mondine in campi di riso al sol rivolte
e piagato viso con ontoso canto a capo
basso.
Era l’età spensierata, quando il pane fragrante inondava i forni e le strade
astanti con quell’aroma soave.
Si levava la dolce voce del bel gigli
figlio della stessa terra ove il poeta triste
non vedeva oltre la siepe.
Nei teatri, attori navigati nutrivan
la fantasia con storie da un sapor agro
dolce!
Il principe napoletano, al plauso tendea
con maschere umane, di cuore del ver.
Le fanciullette dai visi più
gentili riempivano le viuzze con i loro abiti con gonne odorose di fresco
con camiciule libere al vento
costumi più sobri, era perduta di natura
casta e ordine,
ma il fuoco vivace della disperazione
già chiedeva il suo portone.
Rugge dalla Germania il semita ingannatore con sangue misto, nemico,
della sua carne.
Al fianco s’unisce il mastro oratore
d’Italia campione, più per Boria
e vana gloria che d’ armi e col senno
ambedue a un solo inghippo venuti
faceva degli anni pianto, singulto.
Or si tace il mondo perso
coi suoi gusti, i colori
i sapori le fogge!
Cosa rimane allor ?
Sbiadite immagini
vanti malinconici
ed il racconto della madre Mia!
Autore della poesia: Corrado cioci