Psicologia

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Titolo della poesia:

“Vite stroncate”

Alle fanciulle tenerelle, che mano nera
portò a negra terra, una prece si tende.
Cosa rimane a voi mestissime madri,
se non carne fredda e lacrima amara?
Cuor ferito, vinto, potrai viver ancor a tanto
schianto?
Le pietose spoglie alle braccia rese
son povera cosa, non più sorrisi,
non v’è sogno negli occhi spenti,
ma solo un lungo silenzio.
Sparte al suolo come povere foglie
senz’anima, nè vita ancor.
Maria, madre santa poggia la tua mano
al capo esausto, al petto lacero.
Te donna, che hai visto un tempo il figlio
tuo fra sangue e legno ed hai bevuto
dolor del figlio offeso.
La vita che scorrea per voi come un torrente in piena,
ha visto la tagliata vena.
Quinci dilagar cone acqua in fango
senza meta perdersi palmo a palmo.
Ah primissima età della vita nostra
sempre rimpianto, frettolosa,
fosti inganno vile e ingordo
mascherato d’avorio, bramavi
di strappare dai giorni azzurri
le fanciullette, con abbaglio fatal .
Se il lupo blandisce la pecorella
ignara, male tempo corre per lei,
sotterfugio da tale canne vocato
la porterà a incerta sera.
Voi affidaste il destin cieco
a vigilante assetato, bieco
che morte reca a chi mal s’affida!
In due caddero fiori recisi
da vita stroncati.
Un tocco di campana, un muto
dolor che troppo non sfocia
la parola è avara!
Alla prima alba del cammino
cadeste in fallo.
Ma in cor si spera
Sarete le prime
a camminare insieme
nel chiaro vespro
che già vi tiene.


Autore: Corrado Cioci