poesie sulle parole e sulle trappole

TRAPPOLE E PAROLE

Vivere come mira nel buco

di una tazza da ingollare.

Avidamente vivere

come l’acciarino secco

e del mare, incrostato suono adula

dietro a quel monte

una cartolina nel vuoto

che di storia s’ingromma!

E quel sonnifero che schernisce i sensi,

che intorpidisce l’anima

quando vita si defila

col becco da santarellino.

O quando i gelsi,

cadono sul marciapiede

e ad uno ad uno, lesti si sparpagliano…

e lentamente…

*

E l’aver imparato ad ascoltare i suoni

quando nell’orecchio si strofinano:

suoni modellati o insulti appesi ai ganci,

fino a farli sanguinare!

E l’aver capito come rovesciare

un’anima da imbarcazione,

che si dimena nella rissa delle onde,

come grappoli gonfiati di pesci

sull’orlo d’un ragno e la sua rete,

è pensiero sanguinante che sul ventre

s’aggroviglia, … e che cadenzata

scende.

*

Vocabolario nel suo mucchio

fertile e selvaggio,

di parole al mercurocromo

e in dono, i sospiri

d’un pensiero che resiste persino

in uno scafo. Organi di lettere,

strati in metallo oltre i bassifondi

in stanze pregne di pene,

affollate da fischi che oltrepassano

selvagge porte seccate dal tempo

sull’uscio e una scure di mistero.

*

E quel pensiero così tascabile…

un poco sottile e bruno,

che s’è insinuato

sgusciando, sott’acqua pitture

d’anguilla e mirabilia

di sculture come luce di scogli

e un pomo di sole.

E quella fontana di parole,

che fluide scorrono sciando

per vicoli attrezzati e blandi,

giorni di pioggia

e quel bagnato ingresso,

aperto da imprevisto

e da una boccetta di lago

nel mio purpureo, regresso

manto di albero nudo vessato

dal ficchino vento.


Autore: FABIO STRINATI

Notizie sull’autore: “( Esanatoglia, gennaio 1983 ) poeta, artista ed esperantista. Strinati si serve dei canali più oscuri della poesia per arrivare alla chiarezza accesa dell’anima e dell’individuo. Scopre i nervi della parola, stuzzicandoli nell’egocentrismo che li contraddistingue quando l’erotismo su di essi prende il sopravvento. Crea rime anche quando un verso è distante anni luce, sia dal foglio, che dalla penna…”