poesia sulla terra

Terra

Odio, amor per la madre terra,
quand’è che si mostra bella
al cuor dell’universo.
Eppur l’amor perverso, dell’uom
che si fa beffa,
supera e violenta, quel che ella serba.
Al suol nasciamo e abbiamo grembo
dal dì del nascimento, all’ultimo sopir.
Fonte della vita alleva, per l’immense
praterie che sustenta,
per poi naufragar, nei tuoi mari,
seno e conforto della tua lena.
Si specchia nel sol nella danza eterna,
ode e canto di tanta eleganza,
che non trova ferma.
L’un nell’altro sempre fissi
Eppur, lontani per innominata meta.
Ti incorona per l’eterno raggio,
Selene che risplende,
in te si perde di bacio in bacio.
Scivola lenta e fa inchino,
Artemide piena ed Ecate facciata,
nel viso degli amanti
nel cielo stellato sognar.
Cingi i fianchi di fuoco e fiamme
Per parar le mine, ove non si può arrivar.
Violentata e offesa,
dal figliol di tanta spesa,
sempre in pretesa
del suo latte rapir.
fiumi fatti fango,
boschi or dal suolo stanco
ove la morte viene a mugir.
Cieli infiammati di sangue amaro
veleni filtrati per l’indifesa pelle,
ove rode e intasa, preme il tuo patir.
Si taglia la terra, per ferita aperta,
cola e appesta,
niun ode il pianto, che dalle bocche si leva.
Vanno le morte carcasse del lercio viver,
a pel d’acqua e stagni freddi,
verdi foreste delle Amatridi regno,
al vento sparir.
Non sa qual’altra mano
mungere il petto lasso.
Lì ove il verde brillava
nell’aere terso,
e il bel pomo d’or
or giace umile e depresso,
senza più linfa ancor.
Ah spettacolo senza oltraggio
negli oceani omaggio,
alla vita che vibra
e nei ciel stormi d’uccelli
d’ogni forma, i colori al sol,
il cor rigonfia.
Perdersi in quei confini
sarebbe dolce viaggio.
udite il mormorio del ruscelletto,
d’acqua vergine, tra fior d’ogni specie.
Maestosi nella polvere d’Africa,
avanzan e non si resta,
la feril bestia dalla pelle ferrea.
Si confonde nel tramonto,
la possente ombra che fugge alla notte.
Ma la lama nel petto infissa,
spegne il sogno, lo sfiorir
l’abissa, nel ceco lume della miseria
che tutto lascia, alla memoria triste.
Una ad una le temute belve
fan della carne preda ghiotta,
per la rabbiosa vista e sua pelliccia,
se degno sei, d’esser animal,
che Gea assista,
che ti rende miglior a questa guisa.
I laghi, ove il pesce guizza
saran steril, come la donna,
che il figlio non ha incinta.
I tramonti di pace antica,
e l’aria purissima, saran franchigia
per soave vista?
Quel dolce sentor della sera,
tanto amato, renderlo al fin
a chi il suol ancor non pista.
Pietà ti prenda per la casa mista,
di genti di lingue
d’arte e legge.
Madre benigna, lo spirito ti rugge
contro scellerata conquista.
Tu che di noi sei linfa, schiaffo punisca
chi nel piatto sputa
e crede che il riparo sempre esista.
Ma i ciel si fan più cupi,
i monti brulli,
l’emisfer che il gelo eterno,
pungente e severo, s’è fatto lago
il calor al vel squarciato, furtivo
rade, chi non si adatta a nuova sfida.
Lamentoso singulto dalla crosta alla riva,
tace così quel che ti rese vispa.
Ti rode, ti molesta il ventre,
unico morbo del pianeta in vista.
Tieni il tuo equilibrio in questa barca alla deriva!
Perché se tanto osa il monel, sarà punito,
di passo in passo.
Tosto sentirai, quanto è dura
la natura che si sfalda da benigna in noverca,
finché sarai sozzo e sordo.
Ai posteri l’azzura signora date
che non sudi sangue, ma che gioisca.
Ripopoli le sue arterie, di schizzi non di lisca
Leo ancor torni ad esser re, nella caccia e nella rissa.
Quando il buio, la rosea luce scaccia,
s’affaccia al sorriso della galassia,
stanno a guardare la dolce maestranza,
ma un pianto riga, per tanta rabbia,
stupro ai semi dell’esistenza,
per mano di uno solo
che amar inver dovrebbe più della sorella.
Odi questo rumore nelle viscere
E l’ira di Estia, che già vendetta grida,
per scempio e malatesta.
S’uniscan i saggi per quietar la tua stizza!
Sentirete il vento non carezzar ma esser belva!
Le onde non cullar ma tomba.
Pagherai questo squasso,
se ferirai e pungolerai il vaso belllo
ramingo andrai per il deserto porto,
troppo hai osato,
per l’infausto ingordo,
or l’assalto di sasso in sasso il tuo riscontro.


Autore della poesia: Corrado Cioci


Commento alla poesia dell’autore: Terra madre di noi tutti ma l’uomo non ha rispetto per chi lo nutre e il pianeta si ammala un po’ per volta …