Citazioni Alessandro Magno

Testo e parafrasi del primo canto del purgatorio

Comincia la seconda parte overo cantica de la Comedia di Dante Alighieri di Firenze, ne la quale parte si purgano li commessi peccati e vizi de’ quali l’uomo è confesso e pentuto con animo di sodisfazione; e contiene XXXIII canti. Qui sono quelli che sperano di venire quando che sia a le beate genti.

Testo originale del canto primo del purgatorio di Dante:

Per correr miglior acque alza le vele

omai la navicella del mio ingegno,

che lascia dietro a sé mar sì crudele; 3

e canterò di quel secondo regno

dove l’umano spirito si purga

e di salire al ciel diventa degno. 6

Ma qui la morta poesì resurga,

o sante Muse, poi che vostro sono;

e qui Calïopè alquanto surga, 9

seguitando il mio canto con quel suono

di cui le Piche misere sentiro

lo colpo tal, che disperar perdono. 12

Dolce color d’orïental zaffiro,

che s’accoglieva nel sereno aspetto

del mezzo, puro infino al primo giro, 15

a li occhi miei ricominciò diletto,

tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta

che m’avea contristati li occhi e ’l petto. 18

Lo bel pianeto che d’amar conforta

faceva tutto rider l’orïente,

velando i Pesci ch’erano in sua scorta. 21

I’ mi volsi a man destra, e puosi mente

a l’altro polo, e vidi quattro stelle

non viste mai fuor ch’a la prima gente. 24

Goder pareva ’l ciel di lor fiammelle:

oh settentrïonal vedovo sito,

poi che privato se’ di mirar quelle! 27

Com’io da loro sguardo fui partito,

un poco me volgendo a l’altro polo,

là onde ’l Carro già era sparito, 30

vidi presso di me un veglio solo,

degno di tanta reverenza in vista,

che più non dee a padre alcun figliuolo. 33

Lunga la barba e di pel bianco mista

portava, a’ suoi capelli simigliante,

de’ quai cadeva al petto doppia lista. 36

Li raggi de le quattro luci sante

fregiavan sì la sua faccia di lume,

ch’i’ ’l vedea come ’l sol fosse davante. 39

“Chi siete voi che contro al cieco fiume

fuggita avete la pregione etterna?”,

diss’el, movendo quelle oneste piume. 42

“Chi v’ ha guidati, o che vi fu lucerna,

uscendo fuor de la profonda notte

che sempre nera fa la valle inferna? 45

Son le leggi d’abisso così rotte?

o è mutato in ciel novo consiglio,

che, dannati, venite a le mie grotte?”. 48

Lo duca mio allor mi diè di piglio,

e con parole e con mani e con cenni

reverenti mi fé le gambe e ’l ciglio. 51

Poscia rispuose lui: “Da me non venni:

donna scese del ciel, per li cui prieghi

de la mia compagnia costui sovvenni. 54

Ma da ch’è tuo voler che più si spieghi

di nostra condizion com’ell’è vera,

esser non puote il mio che a te si nieghi. 57

Questi non vide mai l’ultima sera;

ma per la sua follia le fu sì presso,

che molto poco tempo a volger era. 60

Sì com’io dissi, fui mandato ad esso

per lui campare; e non lì era altra via

che questa per la quale i’ mi son messo. 63

Mostrata ho lui tutta la gente ria;

e ora intendo mostrar quelli spirti

che purgan sé sotto la tua balìa. 66

Com’io l’ ho tratto, saria lungo a dirti;

de l’alto scende virtù che m’aiuta

conducerlo a vederti e a udirti. 69

Or ti piaccia gradir la sua venuta:

libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta. 72

Tu ’l sai, ché non ti fu per lei amara

in Utica la morte, ove lasciasti

la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara. 75

Non son li editti etterni per noi guasti,

ché questi vive e Minòs me non lega;

ma son del cerchio ove son li occhi casti 78

di Marzia tua, che ’n vista ancor ti priega,

o santo petto, che per tua la tegni:

per lo suo amore adunque a noi ti piega. 81

Lasciane andar per li tuoi sette regni;

grazie riporterò di te a lei,

se d’esser mentovato là giù degni”. 84

“Marzïa piacque tanto a li occhi miei

mentre ch’i’ fu’ di là”, diss’elli allora,

“che quante grazie volse da me, fei. 87

Or che di là dal mal fiume dimora,

più muover non mi può, per quella legge

che fatta fu quando me n’usci’ fora. 90

Ma se donna del ciel ti move e regge,

come tu di’, non c’è mestier lusinghe:

bastisi ben che per lei mi richegge. 93

Va dunque, e fa che tu costui ricinghe

d’un giunco schietto e che li lavi ’l viso,

sì ch’ogne sucidume quindi stinghe; 96

ché non si converria, l’occhio sorpriso

d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo

ministro, ch’è di quei di paradiso. 99

Questa isoletta intorno ad imo ad imo,

là giù colà dove la batte l’onda,

porta di giunchi sovra ’l molle limo: 102

null’altra pianta che facesse fronda

o indurasse, vi puote aver vita,

però ch’a le percosse non seconda. 105

Poscia non sia di qua vostra reddita;

lo sol vi mosterrà, che surge omai,

prendere il monte a più lieve salita”. 108

Così sparì; e io sù mi levai

sanza parlare, e tutto mi ritrassi

al duca mio, e li occhi a lui drizzai. 111

El cominciò: “Figliuol, segui i miei passi:

volgianci in dietro, ché di qua dichina

questa pianura a’ suoi termini bassi”. 114

L’alba vinceva l’ora mattutina

che fuggia innanzi, sì che di lontano

conobbi il tremolar de la marina. 117

Noi andavam per lo solingo piano

com’om che torna a la perduta strada,

che ’nfino ad essa li pare ire in vano. 120

Quando noi fummo là ’ve la rugiada

pugna col sole, per essere in parte

dove, ad orezza, poco si dirada, 123

ambo le mani in su l’erbetta sparte

soavemente ’l mio maestro pose:

ond’io, che fui accorto di sua arte, 126

porsi ver’ lui le guance lagrimose;

ivi mi fece tutto discoverto

quel color che l’inferno mi nascose. 129

Venimmo poi in sul lito diserto,

che mai non vide navicar sue acque

omo, che di tornar sia poscia esperto. 132

Quivi mi cinse sì com’altrui piacque:

oh maraviglia! ché qual elli scelse

l’umile pianta, cotal si rinacque 135

subitamente là onde l’avelse.

 

Parafrasi purgatorio canto primo:

Protasi e invocazione alle Muse (vv. 1 – 12)

Per percorrere acque migliori
la navicella dei mio ingegno alza le vele,
lasciando dietro a sé un mare così crudele;

e canterò del secondo regno
nel quale l’animo umano si purifica
e diventa degno di salire al cielo.

Ma qui la poesia dai morti, rinasca,
o sante Muse, poichè sono vostro;
e qui risorga ancor più Calliope,

che segua il mio canto con quella voce
di cui le misere Piche sentirono
la superiorità, a tal punto che disperarono il perdono.

Nota: Le Piche sono le figlie di Pierio.

Il cielo dell’emisfero australe (vv. 13-27)

Un dolce color di zaffiro orientale,
che si concentrava nitido nell’ atmosfera,
limpido fino al primo cerchio,
diede nuovamente ai miei occhi la gioia della vista,
non appena uscii dall’aria colma di morte,                                                                (aria morta: l’atmosfera dell’inferno)
che aveva rattristato i miei occhi e il mio cuore.
Il bel pianeta (Venere) che conforta d’amore,
faceva gioire tutto l’oriente (del cielo),    (Oriente = cielo orientale)
abbagliando con la sua luce quella dei Pesci,                                     (quella della costellazione dei pesci)
presso la quale era vicino.
 Mi girai a destra, e guardai con attenzione
 l’altro polo, e le vidi quattro stelle                                          (Sta guardando il polo australe)
che soltanto i primi uomini videro.     [ I primi uomini, ossia adamo ed eva (qui il mito) ]
 Il cielo pareva godere delle loro luci splendenti:
 o denudato luogo settentrionale,
che ti è preclusa la possibilità di osservarle!
Catone (vv. 28-111)
Non appena cessai di osservarle,
rivolgendomi un poco verso il polo boreale,
là dove l’Orsa Maggiore non era più visibile,
vidi vicino a me, solo, un vecchio,                               (Quel vecchio è Catone)
d’aspetto degno di una riverenza tale,
che nessun figlio è tenuto ad una riverenza maggiore verso suo padre.
Portava la barba lunga e brizzolata
 simile ai suoi capelli,
 dei quali due ciuffi scendevano sul petto.
 I raggi delle quattro stelle sante
 abbellivano di luce il suo volto,
 che io lo vedevo come se ci fosse il sole davanti.
 «Chi siete voi, che seguendo una via contraria a quella del fiume sotterraneo (cieco)
siete scappati dal carcere eterno (l’inferno)?»,
disse, muovendo la sua veneranda barba.
«Chi vi ha guidati, o cosa vi ha schiarito il cammino, mentre uscivate dalle profonde tenebre che rendono sempre nera la voragine dell’inferno?
A tal punto sono violate le leggi dell’inferno?
O in cielo è stata fatta una nuova legge, per cui,
pur essendo dannati, arrivate alla montagna da me custodita?».
La mia guida (Virgilio) allora mi afferrò,
e con parole e con atti delle sue mani e con segni.
mi fece piegare le gambe e le ciglia in segno di rispetto.
Poi gli rispose: « Non venni di mia iniziativa:
una donna scese dal cielo, per le cui preghiere
assistetti costui con la mia compagnia.
Ma dato che è tua volontà che venga spiegata
la nostra condizione come questa è vera,
non può essere mio desiderio che questo ti venga negato.

Costui non vide mai l’ultima sera (la morte);
ma a causa delle sue scelleratezze (i suoi peccati) le fu così vicino,
che molto poco tempo sarebbe dovuto trascorrere.

Come ti dissi, fui inviato a lui
per salvarlo; e non era possibile percorrere altra via
che questa per la quale mi sono messo in camminio.
Gli ho mostrato tutte le anime dei dannati;
ed ora intendo mostrargli quelle anime
che si purificano sotto la tua sorveglianza.
Lungo sarebbe riferirti come l’ho portato fin qui:
dal cielo scende una forza che mi aiuta a guidarlo per vederti e per ascoltarti.
Voglia tu dunque considerare benevolmente il suo arrivo: egli va in cerca della libertà, che è tanto preziosa, come sa colui che per essa rifiuta di vivere.
Tu lo sai, poiché in suo nome non fu per te dolorosa la morte a Utica, dove lasciasti il tuo corpo che il giorno della risurrezione dei morti risplenderà di tanta gloria.
Le leggi di Dio non sono state violate da noi; poiché costui è vivo, ed io non sono un dannato, assegnato a Minosse; ma provengo dal limbo, dove sono gli occhi casti
della tua Marzia, che nel sembiante ancora ti prega, o animo venerabile, che tu la consideri tua: per l’amore di lei accondiscendi dunque alla nostra richiesta.     
Lasciaci andare per i sette gironi del tuo dominio: riferirò a lei, nei tuoi riguardi, cose gradite, se hai piacere di essere nominato laggiù».
« Marzia mi fu tanto cara che mentre fui in vita »
disse Catone allora,
« che le concessi tutte le cose a lei gradite e da lei desiderate
Ora che ella risiede al di là dell’Acheronte, non può più influire sul mio volere, in virtù di quella legge la quale fu stabilita quando uscii fuori dal limbo.
Ma se una beata ti incita ad andare e ti guida, come tu dici, non occorre che tu mi lusinghi: ti sia sufficiente rivolgermi la tua richiesta in nome suo.
Dunque vai, e fa in modo di legare costui con un giunco liscio e di lavargli il volto, in modo da cancellare da esso ogni sudiciume;
poiché sarebbe inopportuno, con l’occhio offuscato da qualcosa di torbido, presentarsi davanti al primo esecutore dei decreti di Dio, che è un angelo.
Questa piccola isola, nella sua parte più bassa, sulla spiaggia percossa dalle onde, è coperta tutt’intorno sull’umida sabbia da giunchi:
nessun’altra pianta, di quelle che portano rami con foglie o diventano rigide, può vivervi, poiché non asseconda i colpi.
Il vostro ritorno non abbia luogo poi da questa parte; il sole, che sta per sorgere, vi mostrerà da che parte affrontare più agevolmente la salita del monte».
Ciò detto sparì; ed io mi levai in piedi senza parlare,
e mi accostai con tutto il corpo a Virgilio, e rivolsi a lui lo sguardo.
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