Ottaviano poesia

Ottaviano

Oh tu uomo che fosti
tra gli uomini eletto
baciato da colui
che
per mano di ferro
fu fatto a macello.
Ti lodaron nel tempo
tuo, padre del romano
imperio!
Sebastos, venerato,
eppur odiato,
perché tutto cambia, mai
trova fermo
i giochi di potere
intrigo e inganno
tuo piacere ma pur
malanno.
Sotto l’aquila invitta
il tuo tramonto
ai fasti e agli allori
il soggiorno
tra palazzi
e amor il tuo riposo
l’amata Livia al tuo
polso, lucio e gaio
nel petto!
Voce nella Roma
gloriosa, del
popolo stella immensa,
che mai riposa
seme onde germoglia
felice Genia
frutto di speranza.
Il mantovano
in te si delizia
che nel troian
fuggiasco tuo
primo passo
luce, splendor
d’occidente,
fiera fiamma
che sempre risplende
salito al suo comando
solo nel suo segno
inaridito dal poter
che ognun lo tira
al suo concetto
sì pose tra due secoli
del vecchio con il nuovo
del bugiardo con il vero
al tuo ingaggio
la vendetta per
l’oltraggio
urla l’orba
del parente.
L’ora fatale
delle idi
di marzo
col sangue domò
le Legioni come tuo
pensier volano rapide
alle terre lontane,
vergini eppur selvagge.
Nella pugna,
nel terror
ove vige mattanza
agli occhi dei
militi sicura guardia.
Imperatore fosti
carne, fragile
seppur sagace!
Rinfodera il gladio,
Non v’è più frontiera oltre
il tuo sguardo
pose fallo del nemico
lontano, lance e scudi
franti, di quell’eco il cor
sì piego, la foresta
di pianto il suolo
irriga, l’odio
del german
le tempie piagò
la morte, non teme rango
secolo, o spazio
sempre pronta a fare ostaggio
chi si loda oppur a viso basso!
I marmi, cavalli focosi
l’armature, la dominante
favella, or tutto ti par lontano
sotto il tuo busto, fusto,
imperituro  il ricordo, riposa.
Tutto è come sabbia,
che si perde nel vento
di poi che valor
ha il relinquo  fasto?
Se su questo teatro che è
di pasta molla
hai ben recitato
ai posteri il giusto verdetto
ma tu o simbolo  di virtù,
Augusto sacro,
sempre risuoni
nel vasto mar della memoria.


Autore della poesia: Corrado Cioci