poesia sulla trincea

“In trincea”

Luna, pallida luna come sei ancor
bella la sera nella terra ove niun
ormai prega e spera!
Lucido ferro, nella notte risplende
trema la terra al novo tuono
che atterrisce, un dolor forte
che il cor preme.
Voci  perse nel lungo fosso,
freddo,  non il soffice letto
della casa lontana.
O morte  cone cavalchi
libera tra questa gente
dimmi: è sì copioso il tuo raccolto?
Nei volti spauriti dei giovinetti
in armi, negli spiriti affranti, si rispecchia il ricordo,
degli affetti più cari.
Gaie giornate nei prati,
sudati aratri, or muti.
Lieti natali di povertà
ma veri!
Quanti abbracci rubati
quanti baci mancati!
Per l’odio che ti spinse,
paladin di Sarajevo,
mano nera hai affondato
nella domenica triste!
Or dal tuo asilo
tutta l’Europa metti
in sanguigno.
Un sibilo, una
luce e balzan
fuori dal nascondiglio
come sciami di cavallette
ma al son di baionette
sì lamenta il milite
cadon come neve
in gennaio
ma non si resta,
l’orribil assalto.
La polvere, la romba
che assordò rese ceco
e spavaldo!
Figli del secol nuovo
quando l’uom si credeva
più saldo,
La vita era bella
pria che l’aquila
perdesse le penne.
Tomba silente, tomba
tra fossi e pianto,
fumo, terrore
or sei la madre
del disperato branco.
Corpi laceri
in quelle trincee,
terra di nessuno
eppur la luna,
rischiara il ciel
profondo, sempre
più nero.
Quanti sguardi
prima di lasciar
quel faticato fango,
tutto tace
pochi torneran
in quel misero
stagno.
Piangeran le madri
saran curvati
i padri!
ADDIO sogni
spensierati
han bevuto la gioventù
il moschetto,
il vissillo,
la patria dei folli!
E le distese immense di
terra ove dormiamo.


Autore: Corrado cioci


Commento dell’autore della poesia “Trincea”

Il terrore dei un fante nella grande guerra  il tetro fango di una trincea e poi l’assalto, giovani che corrono con il cuore in gola sperando di non essere colpiti. Quanti pensieri quanti sogni  infranti, in un gioco fatto dai potenti dell epoca con le vite dei miseri; una follia senza fine che divorò centinaia di vite umane e non solo!