oleandro fiori nuvole

Giovanni Pascoli (nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855 e morto a Bologna il 6 aprile 1912) scrisse probabilmente la poesia “Il vento” intorno al 1872-1880; tale poesia sarà poi pubblicata nel 1912, in un volume di poesie raccolte dalla sorella di Pascoli, Maria, uscito postumo alla morte del poeta, intitolato “Poesie varie”.

“Il vento”

Nell’aria grigia e morta
c’è un’onda di lamento.
Qualcuno urta la porta:
— Avanti! passi! — È il vento.

Vento del Nord che porta
e neve e fame e stento:
la macchia irta e contorta
ulula di spavento.

Passano neri stormi
in frettoloso oblìo,
passano nubi informi.

Tutto nell’aria oscura
fugge e s’invola — addio —
da non so qual sventura.

Analisi della poesia “Il vento” di Giovanni Pascoli:

“Il vento” è una poesia composta da due quartine e due terzine, secondo lo schema delle quartine ABAB, ABAB; per quanto riguarda le terzine lo schema delle rime è ABA, ABA.

Nella poesia Pascoli descrive prima l’aria, definita come “grigia”, “morta” (forse invernale o autunnale), ed introduce la figura del vento, riportando la figura della porta che sbatte, come se qualcuno stesse bussando, ma è solo il vento; un vento di cui, nella poesia, Pascoli ha chiaramente definito il ruolo nelle prime due quartine: il vento, che è del nord, porta la neve e la fame e gli stenti, e fa rumori spaventosi.

Nella prima terzina Pascoli probabilmente indica gli stormi di uccelli neri che emigrano verso terre non battute dal vento del nord, più ospitali; nell’ultima terzina, conclusione della poesia, Pascoli spiega come ogni cosa, nell’aria “scura”, cerchi di fuggire, probabilmente dal vento del nord e da ciò che porta, indicando poi “da non so qual sventura” come conclusione, come ad alludere a come le paure inconscie e poco note vengano fatte riemergere dalla venuta del vento del nord, spingendo gli uccelli e “tutto nell’aria oscura” a fuggire.


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