poesia sui catari

Gli innocenti

Alla santa fede di Cristo, alla pace dello spirito anelando
si fecer nemici e impuri al volto del re, che si pone
sul trono dell’unto imperando con voce il gran comando.
Da questo mondo è tanto duro il passo? Son inganno fiori e piante
giorno e notte, pioggia e neve?
Ma oh voi figli di cuore e gran talento,
ispirati dallo spirito che non more, amavate il nuovo patto,
tra il pastor celeste e la pace che ei concede.
Ecco tremar le inviolate stanze, del maldetto credo, si faccia
sangue, della carne cenere al vento.
Purezza che ride nei vostri occhi, nei vostri figli
di digiuno e preghiera né di vino né di carne
si fa la tavola fiera.
Uomini, che degli uomini vedo il segno dell’infermo del peccato antico,
gridar co voce e petto, il diniego del mondo, un passo dall’inferno,
l’angel capriccioso scrisse l’antico pegno,
vuolsi allor amar il novo impegno.
Come potè spirar del corpo scevro
sul legno di Giudea, il concepito in verginità?
Ah quanto fu triste il duro esilio dall’aura beata!
Voi che già protesi al ventre di Maria le mani alzate al giusto petto.
Ma alla picca il gran verdetto, il sommo vescovo di Roma.
Sente scorrer veleno, rabbia lo prende teme d’esser imperfetto.
Carcassonne, tiene, abbracciati gli innocenti,
i corpi inermi dell’amaro inganno.
Fanciulletti fino alla fine fieri d’esser nel vero
padri e madri, incerti del domani
ma alla morte paghi di riveder la luce
oltre il tempo, navigar nell’eterno.
Perchè mai di ferro infissero le carni,
ma alla pazzia degli ardenti, impenitenti
una carezza e preghiera.
Innocenzo, impara il gran consolamento,
il ripiego su te stesso,
se ancor sei degno di veder il volto acceso.
Montsegur, prende il passo,
ultimo fiato del gran tormento,
caddero fianco a fianco, conversi
e chierici, come spighe di grano
al calor di giugno
li s’erge un ceppo
che non furon cani
allo scempio ma braccia, cuori marci
del crociato interno.
Ai pii, alle loro voci che tacer non posson
il firmamento, le stelle diano caldo appoggio
morir di un pensiero santo
è men acre del fumo,
che schiantò il pianto.


Autore della poesia: Corrado Cioci


Commento dell’autore

Tra il 1209 e il 1229
la chiesa perseguì un’eresia
il catarismo una vergogna
che costò la vita a migliaglia di innocenti.
Ritenevano che il mondo fosse del demonio
si astenevano da pratiche sessuali e
a lunghi digiuni;
inoltre entrarono in conflitto sulla natura di Cristo
e sul vecchio testamento.