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Schema riassuntivo su Filippo II di Macedonia
Filippo II di Macedonia rovine
Rovine di Pella, la città dove nacque Filippo II di Macedonia. (Immagine da Wikipedia)

Chi era Filippo II di Macedonia?

Filippo di Macedonia (382 a.C. – 336 a.C.) fu il figlio più piccolo di Aminta III.

Giunto al potere nel 360 a.C. si ritrovò in un contesto complicato sia dal punto di vista interno alla famiglia che delle pretese riguardo le posizioni di potere all’interno dei palazzi del governo.

L’operato di Filippo II rimase fermo nei principi di espansione del suo regno, adoperandosi per la conquista della Lincestide e di Anfipoli, presso la zona centrale dell’antica Macedonia greca.

Raffigurazione Filippo II di Macedonia
Un medaglione raffigurante Filippo II di Macedonia, probabilmente risalente al periodo di Alessandro Severo. (Immagine da Wikipedia)

La debolezza di Atene e l’espansione di Filippo II (357 a.C. -355 a.C.)

La conquista avvenne segnando un mancato rispetto degli accordi presi assieme ad Atene, giungendo così sino ai pressi dell’area traco-macedone, che era sicuramente una delle zone sottoposte a maggior interesse da parte della città stessa.

Questa linea di Filippo II di Macedonia portò nuovi attriti con Atene, indebolita in modo particolare nel periodo che va dal 357 a.C. al 355 a.C. a causa della crisi della lega marittima.

Questa grave crisi prese piede a partire dal rifiuto di pagare tributi per la symacchia da parte di Bisanzio, Chio e Coo; il desiderio comune era quello di realizzare un koinon proprio.

I satrapi dell’Asia minore, come Mausolo, volenterosi di maggiore indipendenza dal gran re, colesero l’occasione per dare il proprio appoggio alla ribellione. Il conflitto all’interno della lega di Atene risultò particolarmente gravoso, specialmente per le sconfitte subite in Asia monore, e portò la città ad accogliere le domande dei ribelli, che vennero imitati da altre isole della lega, come la stessa Lesbo, rendendola certamente meno robusta e solida rispetto al passato.

La guerrà terminò tramite l’intervento dell’imperatore persiano, che pose inoltre fine alla ribellione dei satrapi.

La terza guerra Sacra e l’intervento di Filippo II

Mappa concettuale Filippo II di Macedonia terza guerra sacra

Nel 356 a.C. prese inizio la terza guerra sacra in Grecia, che vide contrapporsi una coalizione composta da: l’Anfizionia delfica, Tebe, la Lega Beotica, la Tessaglia, Locride, Doride, il Regno di Macedonia contro una coalizione formata da Focide, Fere, Atene, Sparta. La terza guerra sacra si concluderà nel 346 a.C. con la vittoria della anfizionia delfica.

La guerra iniziò a causa dell’occupazione di Delfi da parte dei Focesi, che avevano deciso di occupare Delfi per dimostrare la propria rappresaglia contro il consiglio anfizionico (ovvero l’insieme dei popoli che teneva l’amministrazione del santuario di Apollo).

Il consiglio infatti aveva accusato di sacrilegio i Focesi; questi quindi sotto la guida di Filomelo presero possesso del santuario di Delfi assieme alle vaste ricchezze custodite nel santuario.

Occupare il luogo sacro naturalmente aveva come conseguenza la guerra; i beoti e i tessali si posero contro la lega focese ma quest’ultima vide in suo aiuto Sparta e Atene, con i loro rispettivi alleati, probabilmente mossi dal risentimento verso Tebe per gli eventi che la videro coinvolta nella guerra del Peloponneso.

Filomeno morì in combattimento e alla guida della lega focese gli susseguì Onomarco, che riuscì a bloccare le truppe dell’anfizionia nei passi chiave per giungere a Delfi, arrivando poi a invadere la Tessaglia, nel 353 a.C. appoggiato e supportato da Licofrone, il tiranno di Fere, uno degli alleati di Atene. Per ribaltare le sorti del conflitto fu così che gli abitanti di Larissa domandarono in loro soccorso i Macedoni, chiedendo l’aiuto di Filippo II.

Tuttavia l’esercito di Filippo venne sconfitto nel 353 da Onomarco, per uscire poi vittorioso nel 353 a.C. nella battaglia dei Campi di Croco, dove lo stesso Onomarco perse la vita in combattimento; in quell’occasione Filippo II fece gettare i prigionieri “sacrileghi” dalle rupi. Dopo il successo di questa battaglia si prestò a marciare sulle Termopili, dove stanziavano le forze ateniesi e Focesi; tuttavia Filippo decise di cambiare direzione di marcia e spostarsi verso la Tracia, rinunciando all’offensiva forse per il numero elevato degli ateniesi e dei loro alleati presso le Termopili.

A seguito di una crisi del potere monarchico macedone, che spinse Filippo a portare la guerra contro Olinto, da Atene partirono duemila mercenari, comandati da Carete, per combattere i macedoni in Calcidica. A seguito della prima vittoria Ateniese, rimase solo la sconfitta per gli alleati di Olinto nei campi di battaglia della Calcidica, e la città stessa di Olinto fu rasa al suolo, mentre gli abitanti vennero fatti prigionieri e infine schiavi.

La pace sopraggiunse infine con le proposte di Filocrate e si concretizzò nella stipulazione del 346 a.C. ponendo fine al conflitto tra Filippo, gli Ateniesi e i rispettivi alleati; inoltre a seguito del trattato le due forze concordarono la cessione delle aggressioni marittime. I focesi rimborsarono i tesori saccheggiati e Falenco riconsegnò le fortezze, salvando la vita ai propri uomini; Delfi venne liberata ed il seggio dei Focesi nell’anfizionia fu dato a Filippo, che era già possessore del seggio dei Tessali.

Gli esiti di questa guerra trasformarono fortemente gli equilibri di potere in Grecia e aprirono la strada all’egemonia Macedone in Grecia.

Il nuovo ruolo egemone macedone in Grecia permise a Filippo II di sostituirsi al ruolo sinora ricoperto dal Gran Re e di porsi come garante della pace nella regione; il rapporto con Atene rimaneva comunque molto teso.

Il nuovo re Artaserse III di Persia nel frattempo pose fine alle rivolte all’interno dell’impero achemenide, che tornò ad affacciarsi nel mondo Ellenico, garantendo aiuti ai nemici dei Macedoni, in particolare ad Atene; tuttavia l’amministrazione, che nel 344 a.C. era filo-macedone, evitò di accettarli.

L’impero achemenide e il regno di Macedonia di Filippo II arrivarono a un accordo nel 343 a.C. ; liberato quindi dall’impegno causato dall’impero achemenide Filippo si rivolse alla Tracia orientale e agli stretti, portando la guerra a Perinto e poi a Bisanzio.

Filippo II riuscì a ottenere successi politici e consenso in Tessaglia, riuscendo a far nascere dei sistemi oligarchici anti-ateniesi presso Eubea, mentre nell’Epiro riuscì a portare al potere Alessandro il Molosso, il fratello di sua moglie, Olimpiade d’Epiro.

Il tentativo di Demostene contro Filippo II

Il potere macedone quindi stava accerchiando quello Ateniese e legandolo sempre di più a sé, per merito dei politici favorevoli all’ascesa di Filippo.

Non mancarono comunque ampie voci di dissenso, in modo particolare l’oratore ateniese Demostene.

Demostene comprese il pericolo derivante dall’egemonia macedone e si adoperò per formare una coalizione greca anti-macedone, riuscendo a ottenere alcuni successi politici a Eubea e negli stretti; il ceto popolare ateniese, dietro istigazione di Demostene, cancellò la stele della pace di Filocrate.

L’operato anti-macedone di Demostene rischiò di portare l’incertezza nel potere di Filippo, che reagì utilizzando la sua influenza nell’anfizionia delfica contro Atene: cercò senza successo di mettere l’una contro l’altra Atene e Tebe, che invece si avvicinarono e formarono un’alleanza.

La battaglia di Cheronea e la fine delle polis

Filippo II di Macedonia decise quindi di muoversi con l’esercito per la conquista di Delfi; nonostante i successi iniziali dell’alleanza Ateniese e tebana Filippo ebbe la meglio, prendendo il controllo della Locride e infine di Delfi, portando gli ateniesi-tebani a rifugiarsi in Beozia.

La battaglia conclusiva tra i due eserciti avvenne nel 338 a.C. a Cheronea, tra agosto e settembre, e si concluse con la rovinosa sconfitta della coalizione di Tebe e Atene e la vistosa vittoria di Filippo II, assistito dal figlio Alessandro (che in futuro sarà detto “Magno”), dimostrando la superiorità militare macedone.

L’era delle polis classiche aveva così il suo termine e nuove formazioni politiche e territoriali di tipo monarchico avrebbero presto governato la Grecia.

Filippo II decise di adoperare la moderatezza verso le città sconfitte.

Dopo la fuga di Demostene ad Atene si impose la corrente politica a favore dei macedoni, cosa che portò la città a trattare la resa cedendo buona parte della Tracia ai Macedoni e cancellando la propria lega, in cambio della promessa che i macedoni in armi non avrebbero oltrepassato i confini della città.

A Tebe invece, così come altre città Greche, venne imposta la presenza di una guarnigione macedone.

L’intento di Filippo II era quello di trattare in una politica di collaborazione con Atene, la città senz’altro più prestigiosa della Grecia, per potersi porre come rappresentante maggiormente riconosciuto del mondo greco.

Nell’area del Peloponneso invece Filippo II fu meno moderato e rispose con durezza, entrando nel Peloponneso con l’esercito ma trovandosi contro una lega di tutte le popolazioni del luogo, ossia Arcadi, Argivi e Messeni.

Fu così che Filippo II convocò nel 338 a.C. un congresso a Corinto dove tutte le polis, con l’eccezione di Sparta, proclamarono con Filippo II la comune intesa per un periodo di pace: ogni polis avrebbe goduto di autonomia e venne decisa l’istituzione di un consiglio comune riguardante tutti i greci, dove ciascuno stato membro sarebbe stato rappresentato in ordine della sua importanza e solidità.

Filippo II non aveva ruolo all’interno del consiglio ma sarebbe stato comandante in capo di ciascun esercito greco e macedone; inoltre venne dichiarato colpevole di tradimento qualsiasi greco decidesse di prestare servizio in un esercito straniero.

Filippo II propose infine di istituire una symmachia tra le polis greche e la Macedonia, la “Lega di Corinto“.

Nel 337 a.C. Filippo propose di dichiarare guerra all’impero achemenide con l’idea di punirlo per aver distrutto, decenni addietro durante le guerre persiane, i templi greci.

Fu così che nel 336 a.C. Filippo superò l’Ellesponto con l’esercito, approfittando del difficile periodo che l’impero achemenide stava attraversando con lo scontro tra Arses e Dario III per il potere imperiale dopo la morte di Artaserse III.

L’occhio ferito di Filippo II di Macedonia

Secondo quanto ci viene riportato dallo storico romano Marco Giuniano Giustino e specialmente dal siceliota Diodoro Siculo (90 a.C. – 27 a.C.), Filippo II fu ferito all’occhio durante l’assedio di Metone, durante la guerra in Tessaglia del 357 a.C.; Filippo II perse così la capacità di vedere per sempre da quest’occhio.

Un’altra fonte, tuttavia decisamente meno antica e quindi ben lontana dalle testimonianze dell’epoca, è quella della Suda (un’enciclopedia storica del X secolo scritta in greco bizantino riguardante l’antico mondo mediterraneo) secondo la quale l’occhio di Filippo II venne in realtà trafitto da un certo Astero.

La morte di Filippo II di Macedonia

Tuttavia Filippo trovò la morte poco dopo la partenza della spedizione contro l’impero achemenide, quando durante il matrimonio della figlia con Alessandro il Molosso, venne assassinato a Ege da una guardia reale.

Assassinio di Filippo II di Macedonia
Un’illustrazione raffigurante l’assassinio di Filippo II di Macedonia. (Immagine da Wikipedia)

Chi uccise Filippo II di Macedonia?

Secondo alcuni studiosi lo sfondo dell’omicidio potrebbe essere stato passionale, è possibile tuttavia che l’uccisione di Filippo II di Macedonia fosse parte di una congiura.

Filippo sposò nel 337 Cleopatra Euridice, una nobile macedone, portando la prima moglie, Olimpiade,  proveniente dall’Epiro, ad avere risentimento per lui. Questo comportò la rottura dei rapporti con il figlio di Olimpiade, Alessandro, che vide messa in discussione la sua posizione come erede del trono macedone.

Alcuni dunque ipotizzano che dietro le quinte dell’omicidio di Filippo II di Macedonia vi sia stata la possibilità di un colpo di mano da parte di Olimpiade o dello stesso Alessandro.


Approfondimenti consigliati:

  • Arriano, “Anabasi di Alessandro“.
  • Claudio Eliano, “Varia Historia”.
  • Cornelio Nepote, “De viris illustribus“.
  • Curzio Rufo, in “Storie di Alessandro Magno”.
  • Demostene, nell’opera “Filippiche”.
  • Demostene, nell’opera “Olintiache”.
  • Diodoro Siculo, nell’opera “Bibliotheca historica”.
  • Pausania il Periegeta, nell’opera “Periegesi della Grecia”.
  • Plutarco, nell’opera “Vite Parallele”.
  • Polibio, nell’opera “Storie”.